Friday, June 29, 2007

Rosella Postorino recensisce Schooling su Rolling Stone

All’inizio è difficile entrare nel romanzo d’esordio di Heather McGowan, Schooling: è come se, fin dalle prime pagine, il romanzo opponesse resistenza, fosse impermeabile. Poi, man mano che si va avanti, è la potenza della scrittura a permeare noi, ci occupa per intero. La lingua della McGowan diventa una lingua nuova che impariamo a leggere, a parlare, e il mondo di Catrine, la protagonista, diventa un nuovo piccolo cosmo con un suo (dis)ordine preciso, che ci contiene, ci incastra. Flussi di coscienza, monologhi, dialoghi teatrali, frasi sostantivate, spesso senza punteggiatura, immagini che si accumulano incessantemente una sopra, dietro, accanto all’altra: è attraverso la mescolanza di generi e di voci narranti che la McGowan ci fa entrare nel mondo di Catrine Evans, tredici anni, trasferitasi dopo la morte della madre dal Maine, America, a Monstead, Inghilterra, nella scuola dove suo padre, gallese, aveva studiato da giovane. Racconta Heather: “L’idea era semplicemente quella di cercare di cogliere il lavorio della mente di una ragazzina mentre elabora il dolore per la morte della madre in un nuovo paese. Poiché Catrine oppone resistenza al dolore, il suo modo di raccontare oppone ugualmente resistenza. Così le mie tecniche sono davvero le sue tecniche; lei mette in scena la propria vita per prenderne le distanze, devia la sua stessa tristezza immaginando le storie delle persone che la circondano”, spiega l’autrice. Ho ritrovato Thomas Bernhard e Ingeborg Bachmann in questo romanzo (la tensione della scrittura verso un pensiero raccontato) e Antonio Lobo Antunes: la polifonia di voci, dove il presente convive con il passato, dove l’azione è esigua, sopraffatta dai ricordi, dalle parole, dalle ossessioni. Nella nuova scuola, Catrine incontra un ambiente ostile, che la fa sentire straniera. Solo Gilbert, giovane professore di chimica e pittore a livello amatoriale, che ha fede non in Dio ma nelle “romanticherie”, prova a starle vicino, ad aiutarla a elaborare il lutto, a difenderla dalle “mele marce” della scuola, finché per lei non diventa “qualcuno con cui parlare la tua versione epica il tuo virgilio la tua anomalia”. Fra loro cresce e si consolida un rapporto fatto di odori, colori, eczemi e cicatrici, sandwich e “sorrisi zannuti”. Un rapporto che diventa sempre più intimo, “un sommovimento dello stomaco potrebbe essere amore o averle fatto male il cibo”, pericoloso, ambiguo: “Tua madre ti ha detto che non avresti dovuto piangere per lei […]. E poi piange lui, sì sì è Gilbert che singhiozza […]. Che cos’è mai lui per Evans o Evans per lui, che per lei debba piangere”. Alla fine Gilbert delude Catrine. Ma la sensazione che si ha leggendo questo straordinario romanzo è che le persone si deludano involontariamente, che il male verso gli altri sia sempre accidentale. Catrine racconta ossessivamente di aver ucciso per sbaglio un motociclista, quand’era ancora nel Maine, colpito da una gomma d’auto che lei avrebbe fatto rotolare giù da una collina. Una storia che evidentemente simboleggia il senso di colpa nei confronti della morte di sua madre. “Per me è il modo che Catrine ha per dichiarare il suo controllo su un’area fuori dal controllo, ma sì… assolutamente… rappresenta il senso di colpa che ci portiamo dietro quando muore un genitore”, dice l’autrice. E aggiunge: “Penso che spesso ci deludiamo senza intenzione l’un l’altro, ma ci proteggiamo anche. Catrine non dirà mai a suo padre quello che le succede a Monstead perché sa che lui sta vivendo il suo personale dolore. Vedo spesso i bambini fare questo, proteggere i loro genitori, e non smetterà mai di spezzarmi il cuore”. Schooling è un romanzo sull’esilio, quello di Catrine in Inghilterra, col suo accento americano (l’America con le sue armi nucleari), e quello che fu di suo padre in passato: “Sono una specie di meticcio, dato che sono cresciuta in diversi paesi (Belgio, Francia, Inghilterra e Usa) e da quando mi sono trasferita in America, a quindici anni, si è formata la mia identità di non-americana. Non è solo un romanzo sull’esilio, questo, ma anche sulla condizione di outsider”, racconta l’autrice. Schooling è un romanzo sulla perdita, sulla morte: quella della madre di Catrine, ma anche quella di Rosie, la sorella di Gilbert, e di suo padre, della quale lui si sente colpevole (“Forse ho letto troppo Shakespeare”, ironizza la McGowan). Soprattutto è un romanzo sulla (forza della) letteratura: “La letteratura tradisce. Il romanzo non è. La vita declina”, leggiamo nel libro. Eppure, la lingua estranea alle formule canoniche che la McGowan inventa e costruisce per narrare la storia di Catrine (una ragazzina che ama il deserto perché “la sabbia è meno equivoca”) tenta ostinatamente di raccontare le ombre, le tenebre: il pensiero. Ha il coraggio e la potenza di tendere all’indicibile, come quella di Bernhard e Bachmann. Per i quali è solo da una scrittura che si fa carico dei loro pensieri che gli esseri umani sono salvati.

4 comments:

Jazz nel pomeriggio said...

Bello, ma non avrei mai associato la prosa di Schooling a quella di Bernhard (della Bachmann taccio perché non l'ho letta). Lo stream di Bernhard è minaccioso e scorre con violenza come costretto in un canale; quello di Schooling è come acqua che sfugge fra le dita.

Comunque il modello primo della McGowan è evidentemente… Charles Dickens.

Unknown said...

la prosa della mcgowan è bianca come le bende della plath. la prosa della bachmann è nera, o rosso fuoco, sincopata, straziata. due scritture che amo, ma agli antipodi.

ros said...

la prosa della bachmann non è straziata!
è solida come il cemento, è cerebrale, è strutturale.

strano che ognuno veda un autore a modo suo, vero? deriva postmoderna?

di fatto, mcgowan (e non io) ha detto di amare molto t. bernhard. sarà stato solo un sesto senso, ma io in lei l'ho percepito, l'ho SENTITO.

esiste un bellissimo gioco che trovate sul sito www.durasmonamour.it, il sito degli studiosi italiani di marguerite duras. si chiama la biblioteca di duras. giocare a trovare echi, rimandi, non per forza ufficialmente riconosciuti, tra duras e altri autori.
per esempio, nel saggio "malati di intelligenza" che io avevo scritto per il libro "duras mon amour volume 3", avevo trovato una corrispondenza tra il kurtz di conrad e il viceconsole di duras. pensavo fosse solo un'eco, una risonanza letteraria che agiva dentro di me.
molto dopo, tipo due anni dopo, divorando una lunghissima biografia di duras, ho scoperto che lei leggeva e amava moltissimo conrad.

usare un po' la fantasia, l'emotività, un certo sentire - come dire? – latente, senza avere paura: la letteratura non è una griglia o uno schema o una serie di caselline chiuse. mai.

rosella

Anonymous said...

marchette incrociate